Non solo oro, argento e perle



Venezia è una città così unica e singolare che attira svariate suggestioni in campo artistico-culturale, contaminazioni, spunti creativi e influenze di stile.

Anche in fatto di gioielli, monili e altri accessori.

Oggetti da indossare tutti i giorni o per un avvenimento speciale ma, sempre, da “custodire” gelosamente. Non tanto come oggetti ma come tesori di ricordi ed esperienze. Una visita a Venezia è, infatti, un'occasione per fare (o farsi) un regalo importante. Ma anche per riparare, adattare, ridar vita a tutti quegli oggetti preziosi che hanno bisogno di mani esperte per essere valorizzati nel tempo.

Ogni gusto ed esigenza può trovare soddisfazione: nell’arte orafa veneziana classica e nelle creazioni più bizzarre e stravaganti come, ad esempio, gli orecchini a collage con immagini di maschere, dragoni, navi e fiori e i colletti di carta in filo di caucciù.

Anelli, bracciali, collane, orecchini, spille e altri mille accessori possono essere disegnati su misura e impreziositi da filigrane, sigilli, trafori, incisioni e altri intarsi. Gioielli-amuleto, come i crani o i moretti d’ebano, inizialmente inseriti in orecchini d’oro e smalto bianco/nero. La fantasia degli orafi veneziani li hanno declinati nel tempo impreziosendo busti e turbanti con perle, smeraldi e rubini realizzando vere e proprie sculture in miniatura. Come un poeta compone i suoi versi, abili mani artigiane modellano pezzi unici curandoli nei minimi particolari fino a renderli perfetti.

Nei laboratori si impugnano utensili per cesellare, tagliare, fondere e, attraverso lenti di ingrandimento, si guarda in profondità ogni gioiello, anche maschile. Dai gemelli da polso agli anelli da sigillo indossati, per tradizione sul mignolo, per firmare documenti con la ceralacca, oggi sono il simbolo di corporazioni, ricchezza e privilegi. Tanti metalli e leghe a Venezia si arricchiscono di elementi in vetro, come le perle. Un tempo ne era proibita la fabbricazione perché sinonimo di contraffazione, ma ben presto si rivelarono talmente belle da iniziarne a produrre di vari tipi e usate come merce di scambio con i popoli africani e americani. Le conterie sono perline vitree colorate di piccole dimensioni, segmenti di canne forate, irresistibili nei colori e nella brillantezza usate anche per realizzare paralumi e fiori. I paternostri, che prendono il nome dalle corone da preghiera, erano realizzati in cristallo di rocca molato e, poi, in vetro. Seguirono le perle a lume, bacchette di vetro colorato modellate con una fiamma, prima di combustione ad olio e, poi, a gas.

Le perle a lume possono essere sommerse (sovrapponendo diversi strati di vetro), millefiori (dette anche a mosaico, fondendo diverse sezioni di canne) o fiorate (con fili sottilissimi di vetro avvolti o disegnati in superficie).

Nuove o antiche, minuscole o enormi, trasparenti oppure opache, multicolori o monocrome: la bellezza delle perle veneziane non passa di moda anzi, il loro fascino aumenta con il tempo. Una tradizione che sopravvive grazie alle “perlere”, le artigiane creatrici delle perle a lume e le impiraresse, donne che agilmente infilano (impirano, in dialetto veneziano), con un unico gesto, tante perline conterie.

Adoperano un ventaglio di lunghi aghi (la palmetta) e una paletta-recipiente chiamata sessola, usata anche per svuotare l’acqua dalle barche. Gesti semplici, ma sapienti, da cui si forma, spesso, la vera bellezza veneziana, dove il guizzo creativo aggiunge rarità, estro, carattere e genialità.

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